NEAT

Il NEAT (Non-Exercise Activity Thermogenesis) che tradotto significa “Termogenesi da attività non associabile all’esercizio fisico” ha diversi benefici, scopriamo quali.

Il nostro metabolismo lavora sempre per fornire energia al corpo. Durante i periodi di maggiore attività, il corpo brucerà più calorie rispetto a quando si è a riposo.

Ma anche a riposo, il tuo corpo sta comunque spendendo energia per mantenere le attività vitali. I tre organi maggiormente responsabili del consumo delle calorie a riposo sono il fegato, il cervello e i muscoli scheletrici, che bruciano rispettivamente il 27, 19 e il 18 percento del BMR (metabolismo basale). Vale la pena notare che il solo cervello utilizza circa un quinto del tuo BMR, il che aiuta a spiegare perché non pensi in modo chiaro quando hai fame.

Anche il cibo che mangiamo ha un effetto termico, poiché il corpo usa dell’energia per convertire il cibo in riserva energetica e costituisce circa il 10% del quotidiano dispendio energetico.

Inoltre, l’effetto termico dell’attività fisica rappresenta il dispendio energetico residuo, circa il 15-30% della produzione giornaliera di energia. In questo numero è incluso il consumo post-esercizio che è la quantità di energia che il corpo brucia dopo l’esercizio per tornare al suo stato normale.

Mentre l’esercizio fisico è un’importante forma di attività che può bruciare centinaia di calorie in tempi brevi, altre forme di attività fisica, chiamate appunto termogenesi non indotta dall’attività fisica (NEAT), possono svolgere un ruolo significativo nell’aiutare a massimizzare la quantità totale di calorie bruciate in un solo giorno.

La termogenesi di attività non fisica (NEAT) è l’energia spesa per tutto ciò che facciamo che non è dormire, mangiare o fare sport. Si va dall’energia consumata camminando al lavoro, digitando, eseguendo lavori di casa, intraprendendo compiti di giardinaggio ecc. Anche le attività fisiche insignificanti aumentano sostanzialmente il tasso metabolico ed è l’impatto cumulativo di una moltitudine di azioni esotermiche che culminano nel calcolo del NEAT quotidiano di un individuo, ovvero comprende tutti quei movimenti involontari o volontari che facciamo.

E allora come possiamo aumentare il nostro NEAT?

Facendo un passo in più!

Camminare brucia fino a 220 calorie all’ora e ha svariati benefici. Per fare dei passi in più durante il giorno puoi passeggiare mentre fai una telefonata o durante la pausa pranzo o parcheggiare a 300 metri dalla destinazione e fare il resto a piedi.

Cambia mezzo di trasporto

Vai in bicicletta o cammina ogni volta possibile. Eviterai anche lo stress del traffico.

Fai le faccende domestiche e usa le scale invece dell’ascensore.

Essere attivi non vuol dire camminare tutto il giorno, ma approfittare al meglio di ogni impegno quotidiano per muoversi.

Stai in piedi, oppure alzati dalla scrivania e sgranchisciti le gambe ogni ora per sentirti più energico e aumentare la produttività.

Tenersi attivi è un percorso e un modo di vivere, il tuo lifestyle. Quindi allenati, cammina ogni volta che puoi, muoviti e potenzia la tua NEAT per diventare la versione più energica di te stesso.

Se la perdita di peso e la salute è il nostro obiettivo principale, oltre all’attività fisica rimanere attivi nel resto della giornata è un componente essenziale di tale obiettivo, ovviamente sostenuto da scelte nutrizionali più sane per ridurre l’apporto calorico.

Sebbene apparentemente piccolo, lo sforzo di cambiare le tue abitudini quotidiane aggiungendo più NEAT e riducendo l’apporto calorico complessivo crea una base per un successo duraturo della tua salute.

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Perché mangiamo?

Mangiare è un’esperienza sensoriale generata dalla stimolazione dei cinque sensi. 

Il piacere e la sazietà sono governate dall’ipotalamo, struttura nervosa cerebrale che comanda anche il nostro comportamento alimentare. 

Il semplice gesto della mano quando portiamo il cibo dal piatto alla bocca, non è “neutro”, è un’azione che ha una serie di conseguenze ed effetti connessi perché andrà a modificare la composizione del sangue e portare o salute o patologia. Questo nostro gesto è controllato da un gruppo di cellule che costituiscono l’ipotalamo, il regista delle funzioni vitali e dell’intero metabolismo corporeo. Pesa poco più di 4 grammi, ma è la connessione tra il mondo esterno, tutte le nostre cellule ed i nostri organi vitali. I neuroni dell’ipotalamo analizzano in ogni momento, del nostro essere vivi, la composizione del sangue che viene influenzata dal cibo ingerito.

Nell’ipotalamo trovano sede i nostri 5 sensi: fame, appetito, sazietà, sete e del piacere.

Ma cosa c’entra il piacere con gli altri sensi che sono per lo più collegati al bisogno che ha il corpo di informarci dei suoi bisogni per sopravvivere? Perché senza il piacere che riceviamo dal mangiare, il mangiare sarebbe stata una fatica in più, una pena per l’uomo fin dall’alba dei tempi, e non ci saremmo evoluti.

Ma la natura, che sa quello che fa, ha pensato anche di fermare l’atto alimentare creando la sensazione della sazietà.

Il problema del giorno d’oggi è l’abbondanza di cibo che ha molte calorie anche nelle piccole porzioni, grande efficacia nello stimolo del piacere, ma scarso potere saziante. 

Occorre dunque acquisire un modello nuovo nello cibarsi degli alimenti di un pasto, mirando a sviluppare quella sensazione di sazietà che ci permette di rimanere in salute e ridurre l’impulso della fame, arrivando ad ottimizzare la sensazione della sazietà tra un pasto e l’altro.

Oggi il mercato alimentare produce prodotti alimentari “costruiti” per esaltare l’appetibilità, utilizzando in quantità eccessive zucchero e sodio spesso nascosti, oppure glutammato monosodico…

Più un cibo è appetibile e meno sazia. Il risultato è il suo continuo consumo.

Vogliamo liberarci da questo circolo vizioso? 

Impara a cucinare in casa cose semplici, utilizzando le erbe aromatiche per insaporire i tuoi piatti, ritroverai quel gusto per il cibo che ti darà anche sazietà prolungata.

Mangia

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Perché la glicemia alta danneggia le proteine del corpo?

Ormai sappiamo che l’insulina viene prodotta dal pancreas, e sappiamo anche che la produzione di insulina avviene soprattutto mangiando un pasto ricco di amido o zuccheri, ma sappiamo anche che la secrezione di insulina non è infinita, e una sua scarsa efficienza porta a tutta una serie di problematiche correlato all’aumento del glucosio (glicemia) nel sangue.

Ma perché si deve togliere il glucosio dal sangue?

Perché altrimenti il legame tra zuccheri e proteine determina la formazione di proteine alterate e malfunzionanti che si accumulano nei tessuti, determinando un malfunzionamento degli stessi.

Questo legame porta alla formazione di sostanze definite glicoproteine, che in seguito a diversi riarrangiamenti determinano la formazione di prodotti finali della glicazione, noti anche come AGEs (“Advanced Glycated End-Products”) o glicotossine. 

Gli AGEs si formano a causa dell’elevata quantità di zuccheri in circolo; pasti ricchi di carboidrati o zuccheri semplici, elevato consumo di alcolici o di prodotti dolcificati, pasti ricchi di fruttosio, soprattutto se non contenuto nella frutta intera, ma in succhi, bibite o merendine, determinano nell’organismo picchi di zuccheri, che a loro volta si legano a proteine formando appunto glicotossine. 

La formazione di AGEs avviene inoltre durante la cottura dei cibi che contengono grassi, proteine e zuccheri, in particolar modo se le cotture sono prolungate o a temperature elevate.. Ne sono un esempio tutti gli alimenti che presentano doratura o imbrunimento, come patatine fritte o carne alla griglia, ma anche tutti quegli alimenti altamente processati e contenenti additivi alimentari, come le bibite gassate.

Gli AGEs sono correlati a processi di invecchiamento cellulare, a complicanze del diabete, patologie cardiovascolari, infarto, ictus, malattia di Alzheimer, invecchiamento cutaneo e degenerazione del cristallino; agiscono alterando diverse reazioni, ad esempio modificano la struttura del collagene e quindi determinano indurimento delle pareti dei vasi sanguigni, o creano strutture fibrillari che determinano l’insorgenza di patologie neurodegenerative.

È evidente dunque, che dal momento che la formazione di glicotossine è proporzionale ai picchi di zuccheri, è bene ridurre questi picchi:

consumando sempre piatti bilanciati con carboidrati (preferibilmente integrali), proteine, grassi (olio per condire) e fibre; in questo modo infatti l’assorbimento di zuccheri a livello intestinale sarà minore grazie alla presenza di fibre, grassi e proteine evitando i picchi di zuccheri nel sangue;

evitando altresì il consumo frequente e quotidiano di zuccheri, dolcificanti e prodotti dolcificati;

preferendo la cottura al vapore e in umido, evitando invece quelle cotture ad alte temperature come le fritture, o le bruciature della carne alla griglia, che però non va demonizzata, ma bensì gustata con moderazione.

E per ridurre il potenziale ossidante degli AGEs nel pasto, ricordo e raccomando che a tavola non devono mai mancare verdure crude, olio extra vergine di oliva da utilizzare a crudo, spezie ed erbe aromatiche.

Mangia 

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GLICEMIA e INSULINA: un rapporto vitale!

Più o meno tutti, soprattutto ad una certa età, ci siamo trovati a parlare di valori della glicemia. 

La glicemia è il valore che indica il livello di glucosio che troviamo nel sangue sia a digiuno che dopo aver mangiato. Per fare in modo che il nostro corpo utilizzi quel glucosio come carburante per i nostri muscoli, viene secreto un ormone. L’ormone in questione è l’insulina ed è necessario e vitale per vivere. Ogni volta che mangiamo il nostro sangue cambia in rapporto agli alimenti ingeriti. La glicemia e l’insulina aumentano dopo ogni pasto, anche se piccolo, ed in particolare se ricco di carboidrati! 

L’insulina serve a fare entrare il glucosio nei muscoli, a nutrire di energia i nostri muscoli. Il compito dell’insulina termina quando tutto il glucosio è stato stoccato nei muscoli, nel fegato e nel grasso.

Questo è il ciclo ottimale per vivere in salute. I problemi sorgono quando un’alimentazione sbilanciata verso troppi carboidrati o zuccheri semplici crea l’insulino-resistenza, ovvero una ridotta risposta delle cellule dell’organismo all’insulina che non riesce più a realizzare i suoi effetti. Chi è affetto da questo stato di insulino resistenza avrà notevoli difficoltà a dimagrire perché il suo organismo è “bloccato” in una condizione patologica favorente l’accumulo di massa grassa, in particolare nell’addome.

È bloccato perché non ha sufficiente massa muscolare dove stoccare quell’energia, di fatto vuol dire che sta mangiando troppo! 

L’eccesso di quel glucosio nel sangue infatti, viene immagazzinato sotto forma di tessuto adiposo, i soliti rotolini.

(È spiegato bene nel mio primo libro “E SE NON FOSSE QUESTIONE DI DIETA”).

L’accumulo di grasso può interessare anche gli organi interni come cuore o fegato, dove qui causa la steatosi epatica, il cosiddetto fegato grasso.

La steatosi epatica nei paesi occidentali è sempre più diffusa. 

Chi ha valori elevati di insulina per troppo tempo dopo ogni pasto tenderà ad accumulare grasso per lo più nell’addome (uomini e donne in menopausa) e nei glutei e gambe (donne in età fertile). Con valori elevati di insulina ogni dieta è destinata a fallire! 

Vedremo più avanti che esiste, però, un’altra condizione in cui troviamo glicemia elevata soprattutto a digiuno, con una presenza fisica all’opposto di chi è solito mangiare in abbondanza, ed è collegata ad un altro ormone, il cortisolo….

RITROVIAMO IL NOSTRO BEN-ESSERE

La distribuzione della massa grassa corporea, ovvero dove accumuliamo di più il grasso, ha un ruolo fisio-patologico rilevante per la salute e la longevità, ruolo alla lunga superiore rispetto al solo peso corporeo letto sulla bilancia.
Il nostro biotipo si distingue in androide o ginoide, a seconda della zona anatomica in cui si localizza il grasso, e da questa distinzione si ha la possibilità di conoscere a quali patologie degenerative si può andare incontro.

Il biotipo ANDROIDE è caratterizzato dall’accumulo di grasso nella parte alta del corpo, sopra l’ombelico: collo, spalle, braccia, seno, torace, zona lombare, zona addominale. Ha la configurazione corporea cosiddetta a “mela” con vita e fianchi larghi e valori pressoché paralleli. Al Biotipo Androide appartengono generalmente uomini, ma, con il passare degli anni, caratterizza anche le donne, a causa dei cambiamenti ormonali tipici della menopausa.
Tutte le principali ricerche scientifiche hanno dimostrato che un eccessivo accumulo di tessuto adiposo nella parte superiore del corpo rappresenta un fattore di rischio patologico, responsabile di patologie cardio-vascolari, diabete mellito di tipo 2, incremento di citochine infiammatorie, fegato grasso ecc. Insomma, tutte le conseguenze che derivano da un accumulo di grasso addominale sono, di fatto, le più pericolose.

PATOLOGIE DEL BIOTIPO ANDROIDE
I soggetti appartenenti al biotipo androide hanno anche una maggiore concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia), causata dalla riduzione della sensibilità all’insulina nelle cellule metaboliche attive, in particolare nelle fibre muscolari. L’eccessiva presenza di glucosio, anche senza arrivare al quadro clinico del diabete mellito di tipo 2, è un fattore di invecchiamento anatomico, metabolico, ormonale, cognitivo ed estetico dell’organismo.
Un’altra condizione a cui è predisposto questo biotipo è quella di insulino-resistenza: l’insulina è presente senza esercitare la sua naturale funzione. Un eccesso di insulina nel sangue causa uno stress ossidativo significativo e uno stato di diffusa glicazione del collagene (il collagene si unisce al glucosio), con cedimento del tessuto connettivo e un’alterata nutrizione cellulare.

Il biotipo GINOIDE è caratterizzato dall’accumulo di grasso corporeo nella parte inferiore dell’organismo: fianchi, glutei, cosce. Chi appartiene a questo biotipo presenta, quindi, una configurazione corporea cosiddetta “a pera”, con vita sottile e fianchi larghi, proprio come la forma del relativo frutto.
Un eccessivo accumulo di grasso nella parte inferiore dell’organismo femminile predispone ad alcuni rischi patologici: insufficienza venosa e linfatica agli arti inferiori, varici, cellulite, edemi. Di per sé questo tipo di distribuzione del grasso presenta meno rischi, ma di fatto il rischio di gravi patologie per la donna compare quando, con l’età, inizia lo spostamento della distribuzione della massa grassa dalla parte inferiore alla parte superiore.

Sotto l’influenza degli ormoni (si riduce il profilo degli estrogeni e del progesterone), il giro vita si modifica e aumenta in centimetri. In questa situazione, si tende ad avere complicanze cardiovascolari, ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2 e altre malattie dismetaboliche tipiche dei soggetti di tipo “androide”.

È evidentemente chiaro che mantenere il girovita entro valori ritenuti sicuri, o diminuire i centimetri in eccesso gioverà sicuramente in termini di longevità e all’ideale di benessere che andiamo ricercando.
Questo concetto dei biotipi va applicato anche e soprattutto ai bambini. Un bambino, un ragazzo in giovane età che già presenta le condizioni esposte poc’anzi, ha “più tempo” per sviluppare sindrome metabolica.
Quindi cari genitori, fate attenzione!
“Vedere in salute” un ragazzino troppo paffutello, vuol dire essere ciechi di fronte ai possibili problemi che questo può causare.
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Dobbiamo riscoprire la voglia di stare bene!

Se abbiamo un disturbo, un malessere, la sensazione che qualcosa non va, la prima mossa ovviamente è andare dal medico. Il medico sicuramente valuterà l’importanza del disturbo e ci indirizzerà verso l’approfondimento del sintomo tramite ulteriori esami, oppure ci darà un farmaco, una pastiglia. Noi continuiamo il nostro tran tran quotidiano e dopo poco il nostro sintomo sparisce.

Ma se ritorna? Ad esempio il bruciore di stomaco: ci ricordiamo del farmaco preso poco tempo prima, e visto che è di libera vendita non serve più passare dal medico, passo direttamente in farmacia…

Questo semplice esempio non è la strada corretta al voler stare bene, perché sottovalutando un sintomo di per sé banale come un bruciore di stomaco ma che si protrae nel tempo, può portare a conseguenze più serie. L’approccio odierno della medicina e nutrizione funzionale non si ferma al sintomo, non cura solo il sintomo, ma bensì vuole avere una visione totale della persona, vuole capire il perché si è arrivati a quel punto, e porvi rimedio. Il corpo umano è incredibile, ha un enorme potenzialità di autoriparazione, ma non è infinita. Sta a noi trattarlo e prendercene cura. Nel nostro esempio di reflusso o bruciore di stomaco, andranno valutati aspetti quali alimentazione, il giusto riposo, la postura, l’aspetto psicologico, la poca attività fisica, o all’opposto troppo sport, tutti fattori che possono interferire con il nostro “sentirsi bene”.

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Mi ammalo… colpa di chi? Sfortuna? Caso? Genetica?

luna

Sì, può essere, ma questo non vuol dire che dobbiamo arrenderci e rimanere passivi all’evolversi degli eventi.

Se è vero che essere portatori di alterazioni genetiche più o meno importanti può renderci la vita un po’ più difficile, è anche vero che la ricerca e le scoperte in ambito clinico stanno facendo passi in avanti notevoli. L’essere “portatori di” non vuol dire per forza il manifestarsi della malattia. 

La malattia ha più probabilità di manifestarsi quando non seguiamo quello che ormai è stato dimostrato su più fronti, essere un corretto lifestyle:  ovvero l’eccesso di alcolici o l’abitudine di consumare bevande alcoliche tutti i giorni anche se di bassa gradazione,  carne lavorata( insaccati, salumi, wurstel…), troppa carne rossa, l’eccesso di prodotti da forno industriali come grissini o crackers ricchi di sale, troppo zucchero come nelle bibite zuccherate soprattutto bevute dai bambini o l’abitudine del dessert a fine pasto, l’eccesso di pasta e carboidrati in genere e la carenza di un adeguato apporto proteico, la sedentarietà, ma anche l’eccesso di sport. 

Quindi, se vogliamo rimanere in salute più tempo possibile, dobbiamo per forza essere consapevoli che con le nostre azioni (modifica del lifestyle facendo attenzione agli eccessi, approccio più sano al cibo, muovendoci di più) è possibile modificare in positivo anche la nostra genetica. 

La conoscete la citazione “siamo quello che mangiamo”, vero?

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MEGLIO UNA PROTEINA IN PIÙ CHE IN MENO…

Le proteine sono uno dei tasselli fondamentali della nutrizione umana e lo strumento che permette a tutto il sistema di funzionare.

Credenza diffusa vuole siano imputate alle proteine problemi legati ai reni o all’infiammazione perché acidificanti.

In realtà è ampiamente dimostrato l’importanza di una corretta assunzione della propria quota proteica giornaliera, già partendo dalla colazione del mattino.

Invece, come spesso accade, si ha la tendenza ad abusare di pasta, pane, dolci, biscotti, gallette e tutti i prodotti da forno, con l’idea che sia la scelta più sana.

Un’alimentazione di questo tipo, evidentemente sbilanciata, è la principale causa dei problemi legati a diabete, grasso viscerale, sindrome metabolica, sarcopenia.

Il giusto apporto proteico (se correttamente associato all’esercizio fisico), invece, preserva la muscolatura, che è la nostra fonte di vitalità in quanto ci sostiene nella vita proteggendoci dalle infezioni e dal decadimento fisico vero e proprio.

Ne risulta, quindi, che fare buon uso delle proteine, sfruttandole in modo equilibrato e sapiente (con cotture delicate, abbinandole a grassi polinsaturi come quelli dell’olio evo a crudo e a carboidrati a basso impatto glicemico) significa regalare energie buone e produttive all’organismo, regolare l’appetito e prolungare il senso di sazietà.

Aggiungere delle proteine che stimolino senza appesantire, vuol dire aiutarsi a mantenere alto il proprio livello di attenzione, la propria energia e, così, anche il proprio rendimento.

Oltre all’apporto di tasselli utili e importanti al funzionamento dell’organismo, le proteine svolgono una delle loro principali azioni nel mantenimento dei livelli di glicemia nel sangue.

La presenza di proteine nel pasto, infatti, aiuta a modulare l’assorbimento dei nutrienti e così la glicemia, che resta regolata più a lungo e meglio.

È chiaro oramai, che una glicemia regolata non significa solo prevenire diabete, obesità e sindrome metabolica, ma anche stare meglio in maniera più completa. Gli sbalzi glicemici, dovuti ad un eccesso di carboidrati soprattutto raffinati, sono legati tra le altre cose ai mal di testa, alla depressione, alla sensazione di stanchezza.

Aggiungere qualche proteina buona rende il pasto uno dei supporti potenti per prepararsi alla giornata, per proseguirla con risultati efficienti e per mantenere alto il proprio livello di attenzione, energia e voglia di fare.

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