PICCHI GLICEMICI E CIBO

Quando mangiamo, il nostro stomaco scompone il cibo in parti molto più piccole, affinché il nostro intestino possa assorbire i vari nutrienti (proteine carboidrati e grassi) e semplicemente permetterci di vivere. Soprattutto un alimento ricco di carboidrati (può essere pasta pane riso patate frutta ecc) riversa nel nostro sangue un’importante quantità di glucosio, lo zucchero più semplice. Questo versamento, stimola il pancreas a produrre insulina per fare si che il glucosio penetri principalmente nei muscoli e ci fornisca energia.

Durante questo processo, l’insulina riduce anche la velocità di utilizzo dei grassi, cioè la loro degradazione e smaltimento da parte del nostro corpo, che generalmente avviene nel momento in cui “siamo a digiuno”, soprattutto di notte. Questa riduzione stimola la produzione e il deposito di trigliceridi (il famoso rotolino), il tipo più comune di grasso, che servirebbero a fornire energia, e che troviamo in circolo e nel tessuto adiposo. Queste azioni si traducono, nell’immediato, inevitabilmente all’aumento di peso. 

Se però un consumo eccessivo di carboidrati, o peggio zuccheri semplici (come possono trovarsi in bibite gassate, dolci anche se fatti in casa, caramelle ecc) avviene spesso o quotidianamente, avremo sempre più difficoltà a produrre insulina che un po’ alla volta non sarà più sufficiente nel togliere il glucosio dal flusso sanguigno. Questa condizione di glicemia alterata nel sangue protratta nel tempo, porta a sviluppare malattie neuro degenerative, sindrome metabolica, ipertensione, trigliceridi e acido urico elevati, diabete, depressione, patologie cardiovascolari e purtroppo, anche le patologie maligne.

Occorre quindi evitare una stimolazione continua e a picchi elevati dell’ormone insulina ad ogni pasto. Una strategia ideale è fare pasti con una buona quota di carboidrati preferibilmente nel pasto pre e successivo all’attività fisica e all’allenamento, in quanto è questo il momento in cui l’insulina viene maggiormente utilizzata per il suo scopo funzionale e non crea accumulo di grasso, ma favorisce il ripristino della struttura dei muscoli veicolando ad essi aminoacidi e glucosio, mentre negli altri pasti è bene mantenere sempre una quota molto esigua di carboidrati, e in alcuni pasti della settimana ridurla completamente a zero, privilegiando un pasto a base di proteine, grassi e verdure non amidacee.

Ovviamente queste strategie non sono univoche per tutti, i fattori in gioco da analizzare sono molteplici.

Non affidiamoci a diete fai da te o diete dell’ultima moda, cerchiamo sempre una figura competente che ci possa aiutare.

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CONTANO LE CALORIE O I NUTRIENTI?

Sento spesso parlare di calorie, e di come tanti le sottovalutano, o meglio, pensano che rientrando in quelle che sono le stime caloriche calcolate con formule varie, possano avere i risultati cercati. Purtroppo, gran parte delle diete moderne sono costituite da alimenti altamente trasformati e raffinati, ad alta densità energetica, principalmente saturi di carboidrati semplici, zuccheri e grassi, ma poveri di proteine, per un evidente gioco di mercato a mantenere un prezzo il più basso possibile ed aumentare i volumi di vendita. 

Questi alimenti raffinati e deprivati di ogni vitamina, minerale e oligoelemento e poveri di proteine nobili, come i junk food, inducono il cervello ad aumentare il senso di fame, per soddisfare la fondamentale necessità di tutti gli organi e tessuti del nostro corpo di richiesta di proteine, necessarie per il ricambio cellulare, il mantenimento dei muscoli (anche il cuore è un muscolo) la formazione di ormoni e il corretto bilanciamento dei neurotrasmettitori.

Il risultato è che perdiamo di vista il conto delle calorie perché il nostro cervello ci “obbliga” a mangiare di più, ma se ricadiamo negli stessi errori, tutto questo introito di calorie altamente palatabili, porta inevitabilmente al rischio di contrarre patologie croniche come obesità, insulino-resistenza, diabete, infarti, ictus, demenza senile, Alzheimer, tumori e difficoltà per il sistema immunitario a contrastare infezioni e virus.

Recenti studi hanno dimostrato come sia sempre più chiaro che i nostri corpi cercano di soddisfare prima di tutto il proprio fabbisogno proteico, ma il problema è che il cibo nelle diete occidentali contiene sempre meno proteine, pertanto, diete errate o sbilanciate portano a consumare di più per raggiungere il proprio obiettivo proteico, che deve essere soddisfatto, altrimenti non finiamo mai di mangiare.

Le proteine sono i mattoni della vita e per assumerle tutte è necessario una dieta varia, che includa le varie fonti proteiche: carne (preferibilmente magra), latte, pesce, uova, frutta secca e semi, legumi e alcuni cereali come la quinoa.

Anche il glutine del grano è una proteina, tuttavia è bene limitarne l’uso, anche per chi lo tollera.

I piani alimentari che preparo per i miei pazienti, prevedono il corretto apporto di proteine già dalla prima colazione, in modo da favorire il giusto start alla giornata e non ricercare per il resto del giorno quei cibi che andrebbero a vanificare tutti gli sforzi fatti.

Dato che obesità, diabete, malattie cardiovascolari e tumori sono tutti condizionati dal lifestyle e dall’alimentazione (l’epigenetica è in grado di attivare o spegnere determinati geni), cerchiamo di muoverci di più, utilizzare cibo vero, fresco, stagionale e possibilmente a km zero per ottimizzare la nostra salute e puntare a molti anni in salute. 

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Normalità o sacrificio?

Capita spesso, parlando con i pazienti, oppure frequentando la palestra, di ascoltare commenti verso persone evidentemente, almeno visivamente, in buono stato fisico. Non atleti nel vero termine della parola, ma persone con una pancetta almeno nei limiti della “buona salute”, e qualche muscolo segnato.

I commenti, forse fatti con una punta di invidia, sono del tipo: “chissà quanti sacrifici farà…sarà sempre a stecchetto…non andrà mai alle feste, aahahh io non farò mai una vita così”, ma il commento top: ” è fortunato perché ha una buona genetica”.

Un pensiero che più o meno tutti noi abbiamo fatto qualche volta.

Ebbene, la domanda che mi viene spontanea fare in questi momenti, sentendomi tirata in causa perché è questo il lavoro che faccio, è:

“Ma cosa fai tu per vivere in salute?” 

Ponetevi anche voi questa domanda…

Qualcuno troverà dei “motivi” che sanno di giustificazione per non fare niente, non dedicando nemmeno cinque minuti al giorno per un’attività faticosa (ovviamente rapportato al soggetto) che potrebbe essere salutare, non scelgono in funzione del proprio benessere, al limite solo quella di cercare di stare attenti alla qualità del cibo che spesso altro non è che l’acquisto di prodotti integrali o bio rispetto a quelli raffinati o della grande distribuzione.

Ma questo è poco, non è sufficiente al raggiungimento di un livello minimo di benessere. Per raggiungere almeno questo minimo, ciò che conta è fare, non importa cosa, non c’è una cosa che fa più di altre, ma fare, avere almeno la percezione, l’idea di far qualcosa di faticoso per iniziare a star bene, che non sia mangiare 20 grammi in meno di pasta o fare quella ricetta vista sui social perché è fit! Queste scelte servono a pulirsi la coscienza perché impegno di tuo non ci metti niente, o poco poco. Un minimo di sacrificio è doveroso, che poi si tratta solo di cambiare determinate cattive abitudini in favore di abitudini più sane. E’ questo il segreto, non la motivazione (necessaria all’inizio sicuramente) o chissà cosa. Se si è capaci di fare nostre le buone abitudini e renderle facili, queste ci aiuteranno anche ad avere molto più tempo perché non perderemo tempo ed energie in altre occupazioni meno salutari.

Alla fine finisce che facciamo solo e soltanto ciò che ci è più comodo. 

Lamentarsi per gli acciacchi, se non si sta bene, se non scende il rotolino,  tanti “se” che ci impediscono di fare! Perché contano le scelte che facciamo, che sicuramente non sono mai facili, contano le nostre priorità, contano i comportamenti, contano le abitudini, conta il fare. I discorsi fini a se stessi,  il “domani comincio” altro non sono che scuse. 

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CHI RUSSA DI NOTTE?

Il russare la notte è una patologia che può causare conseguenze sull’ intero organismo, perché non favorisce un adeguato riposo e sonno rigeneratore. Il sonno, soprattutto quello profondo, è fondamentale per permettere al nostro cervello di fare un “refresh”, un vero e proprio lavaggio, eliminando tutti quei metaboliti che durante la veglia vengono naturalmente prodotti e accumulati nella normale attività cerebrale.

Russare riduce l’ossigenazione, con ipossia prolungata nella notte, cosicché il giorno dopo la persona può avere sonnolenza continua! Il russare, causando appunto minore presenza di ossigeno alle cellule durante la notte, riduce inoltre l’ossidazione del grasso corporeo e quindi del metabolismo, dovuto al fatto che per ossidare un grammo di grasso corporeo occorrono ben due litri di ossigeno! In carenza di ossigeno il grasso non può essere eliminato, e così il nostro rotolino se ne resta lì beato. Un altro disturbo sempre collegato al russare e al calo di ossigenazione può essere la comparsa di aritmie cardiache, che possono portare a risvegli frequenti e quindi sempre ad una cattiva qualità del sonno e chi dorme poco tende ad aumentare il proprio peso corporeo ed a cercare più carboidrati e cibi dolci in genere.

Oltre al russare, la persona può presentare un altro inconveniente, ovvero l’apnea notturna: l’apnea notturna è quella sospensione breve dell’atto respiratorio, che ci riconduce anch’essa al problema visto sopra: lo scarso apporto di ossigeno.

La carenza di ossigeno durante la notte può causare il risveglio al mattino con mal di testa e più stanchi della sera, senza energia!

Un fattore scatenante di questi disturbi è sicuramente un peso elevato dovuto al grasso in eccesso, che accumulandosi anche nel collo, una volta distesi a letto, va ad interferire con il corretto afflusso di aria da naso e bocca. 

Iniziare a rimediare a questi disturbi sembra doveroso verso noi stessi, innanzitutto riducendo il giro vita, essere più attivi e cercando di mantenere un corretto stile di vita!

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L’attività fisica come rimedio all’ansia

Sempre più assorbiti nella vita frenetica di oggi, è esperienza comune il fatto di trovarsi a vivere in uno stato d’ansia. Si tratta di una sensazione legata strettamente a pensieri ricorrenti riferiti al passato oppure al pensiero proiettato costantemente al futuro. 

Un aiuto per poter gestire meglio lo stato d’ansia è sicuramente l’attività fisica, che stimolando la percezione del proprio essere fisico, è un aspetto fondamentale nell’ abbassare il nostro malessere.

Ecco allora, che la pratica sportiva, focalizzata sulla mindfulness (sul sentimento di “assoluta presenza a se stessi”, fondamento della meditazione) usa il movimento per aiutare a entrare in contatto con il proprio corpo staccandosi dal resto del mondo.

Ben venga quindi, usare come momento di “mindfulness” l’ora (o il tempo che ognuno ha a disposizione) di nuoto o di bicicletta o di corsa o la palestra.

Il punto cardine è quello di essere assolutamente immersi nel “qui e ora”, perfettamente coscienti della propria fisicità e dei propri “non pensieri”.

L’idea fondamentale, che è poi alla base proprio della meditazione, è infatti quella di defocalizzare il proprio pensiero, facendo concentrare la propria mente su elementi a cui non si è soliti prestare attenzione, come la posizione del proprio corpo o il proprio respiro.

Così, la mente viene “svuotata” dei pensieri più o meno coscienti che la occupavano (quelli che in genere producono ansia e angoscia), lasciando spazio al benessere.

Senza ovviamente dimenticare tutti i benefici che una regolare attività fisica ha sul nostro stato fisico e metabolico.

È possibile inoltre, fare propri metodi di meditazione più “tranquilli”, che ci impegnano per una quindicina di minuti alla volta, sfruttando semplicemente la respirazione eventualmente aiutata da un mantra (una frase positiva da ripetere mentalmente come ad esempio “io sono ora” o “io amo me”) per staccarsi dai propri pensieri disfunzionali per trovare la propria mindfulness.

Ci si mette seduti (o anche sdraiati) comodi, si chiudono gli occhi e ci si focalizza sul movimento del proprio torace e del proprio addome che si espandono e contraggono e sul percorso che fa l’aria mentre entra ed esce dai nostri polmoni.

La meditazione permette questo: di calarsi consapevolmente nell’attimo presente, riducendo i livelli di ansia e di stress percepito e mettendo nelle condizioni migliori per far fronte alla propria realtà vera (lasciando da parte quella proiettata, nel futuro o nel passato che sia).

Ci tengo a precisare che la meditazione non è intercambiabile con l’esercizio di respirazione che propongo, il metodo di respirazione all’interno dei miei protocolli è volto all’attivazione del diagramma e alla stimolazione del nervo vago. La meditazione è sicuramente un mezzo in più, significa staccarsi dalle quotidiane preoccupazioni, per aiutare le reali priorità a trovare il giusto spazio.

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PESO, MASSA e MATERIA del CORPO UMANO

Oggi dedichiamo il nostro tempo a capire la differenza tra peso corporeo e massa corporea.
Uno degli obiettivi del metodo che applico, è di spostare la nostra attenzione dal solo peso corporeo alla salute metabolica.
L’obesità, il sovrappeso, le malattie possono essere causate da una scarsa attenzione al proprio corpo, intesa come non vedere cosa o come sta cambiando.
Ma c’è anche chi, ossessionato dalle calorie e dal peso corporeo, perde di vista il punto fondamentale del nostro essere, ovvero la composizione corporea.
La nostra struttura è composta da muscolo, grasso, ossa e liquidi. Con il passare degli anni si tende a perdere massa magra muscolare, massa ossea ed accumulare massa grassa. Questo è il processo di invecchiamento del corpo umano.
Il risultato finale è una progressiva riduzione di massa muscolare con un netto aumento del grasso.
Al diminuire della parte magra, ovvero il muscolo, avviene lo spostamento dell’acqua corporea totale: l’acqua ubicata all’interno delle cellule del nostro muscolo non trovando più posto perché diminuito il volume muscolare tende a spostarsi all’esterno della cellula, formando ritenzione, cellulite, edemi sottocutanei.
Il corpo umano per essere sano, efficiente, in salute, deve mantenere una percentuale di acqua tra il 50-65% della massa corporea totale che è indicatore di costituzione di una buona efficienza muscolare.
In queste condizioni, unito ad uno stile di vita che comprende attività fisica e corretta alimentazione, saremo biologicamente più giovani ed avremo l’efficienza metabolica per cui il cibo che ingeriamo verrà indirizzato correttamente a fornire energia ai muscoli.
Al contrario, se questa percentuale scende, si viene a creare una predominanza di tessuto adiposo, che sarà antagonista alla massa muscolare e farà in modo che il nostro organismo porti a stoccare l’energia proprio nel grasso.
Avremo così un circolo vizioso, perché continuando a mangiare senza un adeguato stimolo muscolare, il cibo che viene introdotto verrà sempre più stoccato sotto forma di grasso.
È controproducente anche l’idea di non mangiare per favorire il dimagrimento, perché si fornirà al nostro organismo l’allarme di una carestia in atto, e l’unica difesa che ha è quella di diminuire ancora di più la massa muscolare in quanto è un organo metabolicamente attivo, e quello che consuma più energia.
Tramite indagini diagnostiche strumentali, come ad esempio la
BIOIMPEDENZIOMETRIA è possibile capire il nostro stato di salute.
La lettura clinica e non solo numerica del referto di questa indagine diagnostica è in grado di definire la composizione e la salute del nostro corpo, tra cui l’acqua corporea totale composta da acqua intra ed extra cellulare, e la massa totale cioè massa muscolare, massa ossea, massa adiposa. Il mantenere in equilibrio le nostre componenti corporee è la chiave per la salute e la longevità.
Possiamo vivere di più, ma ciò che è importante è mantenere una corretta composizione corporea unità ad una attività cerebrale adeguata a vivere in modo attivo.
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